Più o meno l’ultimo post che ho scritto risale a un anno fa.
Quando piena di speranze mi chiedevo dove mi avrebbe portato quella funivia…
beh, mi ha portato al limite di un rovinoso burnout.
Chi non lo passa, non può capire cosa significa lavorare in una biglietteria in altissima stagione, con in più la gestione dei gruppi numerosi, le agenzie, le rendicontazioni e la responsabilità di essere porta voce e risolutrice di tutta la rete delle cassiere del comprensorio.
Il telefono che suona in ogni momento, spesso 3 telefoni in contemporanea, la fila di clienti davanti e le soluzioni di viaggio da stampare, con una serie quasi infinita di combinazioni da non sbagliare, mentre cerchi disperatamente di risolvere problemi reali o immaginari il più veloce possibile.
Oddio, se ci penso mi viene da tremare ancora adesso.
E non serve ricordarmi e ricordare l’attaccamento quasi viscerale che sviluppi con i tuoi colleghi, i tuoi compagni di trincea, che per 4 ore al giorno, più altre 4, stanno con te ancora e ancora e ancora.
Non si può dire che sia solo stato intenso, riduttivo dire che è stato terribile. So solo che ci sono stati momenti in cui l’adrenalina era così alta che viaggiavo leggera e lasciavo indietro il sonno, in cibo, la creatività, le relazioni vere.
A giugno è tutto finito e mi sono detta basta, Stefy, torna a fare quello che ti piace, ad essere quello che ti piace.
Hai diritto a muoverti e a vivere sana (non riesco ancora a farmi minimo 8.000 passi al giorno ma sono importanti, ricordatevelo!) a guardare negli occhi l’interlocutore e dargli il diritto di essere ascoltato… e di tornare a fare il pane, e conoscere sempre meglio mio marito e fare quanto meglio riesco.
Quindi, grazie dell’opportunità, io vado avanti. 🙂 e ricomincio a raccogliere storie.